mercoledì 20 febbraio 2008

LE CAREZZE

Ogni carezza non è fatta solo di contatto, è fatta anche di tempo, di

tempestività. E' fatta del momento giusto, della durata opportuna. Non meno di quel tanto, ma quel tanto che basta. Che basta a far capire all'altro più cose di quelle che potrebbero far capire le parole.
Si possono davvero ricordare delle carezze ricevute nel passato? Si può vivere nella speranza di riceverne domani? E' difficile rispondere, quasi impossibile. Perché la carezza è qui. E' la concretizzazione dell'affetto, la certezza dell'amore, una presenza indispensabile, che nessuno può ignorare.
Simbolo e stimolo. Risveglio e scoperta. Ogni carezza non può non distinguersi da quella precedente. Ognuna è fatalmente sempre diversa.La carezza di domani non potrà essere confusa con quella di oggi.


Che siano le carezza che cambiano o noi che cambiamo, attraverso le nostre carezze, quelle che prodighiamo e quelle che riceviamo, poco importa. La carezza resta il gesto più umano e più raffinato che ci sia, un gesto che non può essere né distratto, né falso.
Il miglior sistema educativo, lo sappiamo, è fatto di carezze ben dosate.
L'amore vero rigurgita di carezza, i grandi affetti non sono che una sinfonia di carezze.
Ogni carezza ha un marchio, ogni carezza ha un peso. Forse ogni carezza ha un nome.
C'è dunque il tocco. Lo sfioramento. C'è il calore, lo sfregamento, lo stimolo. La carezza non è cosa disincarnata. C'è il senso, c'è il sesso.
Ma la carezza non è fatta soltanto di carne, di pelle.
Ogni carezza potrebbe essere paragonata a una parabola, a un modo particolare di esprimersi. Ve ne è tutta l'ambiguità. Ogni carezza non è mai completa, mai definitiva. E' una frase da terminare; sono puntini di sospensione o è un punto interrogativo? Comunque sia, ogni carezza, se si guarda bene, ha un'anima.

Detto in altro modo: non ci sono solo in gioco le papille dermiche e le terminazioni nervose. Ci siamo dentro, in ogni carezza, tutti interi. E se una carezza non è abbastanza sincera, il nostro essere al completo ne risentirà. E se una carezza non è stata sufficientemente impegnativa non ci sentiremo impegnati né come amanti, né come amati.
Dietro a ogni carezza ci sono delle immagini, delle fantasie. Ci sono delle convinzioni, delle speranze. Ci sono dei sogni.
Carezze molteplici e svariate; carezze lievi e carezze intense; carezze che lasciano intravedere un seguito, ma anche carezze fini a se stesse; carezze dei genitali e carezze di tutto il corpo; carezze infine che eccitano e carezze che placano: l'arte di amare forse gioca il tutto per tutto con le carezze.
Chi non si stanca di accarezzare conosce la vera durata dell'amore, il momento magico della soddisfazione.
Nell'atto d'amare, non solo le mani accarezzano, ma sono i corpi interi che si accarezzano. Anche la lingua e le labbra accarezzano.
Ma che dire delle carezze che seguono l'orgasmo? Le più difficili, certo. Tutto può sembrare finito, compiuto. Ci si può slegare, allontanare. Non c'è più bisogno di eccitazione, di seduzione. Ci si può sentire felici ed esausti. Non si ha più bisogno di niente. Invece forse stanno qui le carezze che contano di più. Sono carezze di conoscenza di completamento, carezze soffuse, davvero gratuite, senza secondi fini. Sono queste le carezze che legano che promettono un domani. La veemenza è finita. Le esplosioni dei sensi si sono quietate. Gli impulsi non si fanno più sentire: resta solo la tenerezza, restano solo le carezze.
Non ci sono solo carezze erotiche: ci sono carezze di approvazione, carezze con cui si esprime il proprio consenso a uno sforzo, a un progetto audace. Ci sono carezze con cui si esprime l'amicizia, come ce ne sono altre con cui si esprime, ahimè, la pietà.
Perché non contribuire alla cura dei malati con delle carezze, piuttosto che con l'abitudine all'asprezza? Dietro l'asprezza in questi casi c'è il pensiero che bisogna 'soffrire per guarire'. Dietro le carezze invece c'è l'idea che bisogna, in un modo o in un altro, vivere la propria malattia. Per meglio utilizzarla, per meglio superarla.
La carezza non è un puro dono generoso da parte di chi fa questo gesto e non deve fornire un sentimento di mendicità, di bisogno a che la riceve. La carezza, in altre parole, è benefica sia per chi la riceve sia per chi la fa. Entrambi ci guadagnano qualcosa, non fosse che nella loro capacità d'amare.
Tutto in fondo può essere possibile con le carezze: soggiogare la collera, disarmare la distruzione, quella materiale e quella psicologica. Tuttavia il regno della carezza resta quello dell'amore. Dove vi sia equilibrio, ancora una volta, tra chi fa le carezze e chi le riceve.






Le migliori carezze dunque, le carezze eccelse, le più vere sono le carezze degli amanti. Qui la carezza penetra a fondo nei sensi, infiltra la pelle, le mucose, prende corpo, pur conservando il suo messaggio che trascende il visibile, il palpabile. E' un messaggio, come sappiamo, di completa disponibilità, di adesione totale.
La carezza è reale mescolanza di psiche e di soma, di spirito e di corpo. E' l'effettiva mescolanza di tenerezza e di passione intensa, di dolcezza e di erotismo infuocato, di innocenza e, quasi di perversità.
Che dire di più della carezza? Solamente una cosa, un avvertimento, un appello, per noi tutti: che se abbiamo fino a ora trascurato le carezze, non perdiamo più tempo. Mettiamoci a leggere. Per incominciare o per ricominciare ad accarezzare... ad accarezzare come si deve.

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