venerdì 18 febbraio 2011

L'ARTE DI AMARE




Se due persone che erano estranee lasciano improvvisamente cadere la parete che le divideva, e si sentono vicine, unite, questo attimo di unione è una delle emozioni più eccitanti della vita. È ancora più meravigliosa e miracolosa per chi è vissuto solo, isolato, senza affetti. Il miracolo di questa intimità improvvisa è spesso facilitato se coincide, o se inizia, con l'attrazione sessuale. Tuttavia, questo tipo di amore è per la sua stessa natura un amore non duraturo. Via via che due soggetti diventano ben affiatati, la loro intimità perde sempre più il carattere miracoloso, finché il loro antagonismo, i loro screzi, la reciproca sopportazione uccidono ciò che resta dell'eccitamento iniziale. Eppure, all'inizio, essi non lo sanno; scambiano l'intensità dell'infatuazione, il folle amore che li lega, per la prova dell'intensità del loro sentimento, mentre potrebbe solo provare l'intensità della loro solitudine. [...]
L'amore è un potere attivo dell'uomo; un potere che annulla le pareti che lo separano dai suoi simili, che gli fa superare il senso d'isolamento e di separazione, e tuttavia gli permette di essere sé stesso e di conservare la propria integrità. Sembra un paradosso, ma nell'amore due esseri diventano uno, e tuttavia restano due. [...]
L’amore è possibile solo se due persone comunicano tra loro dal profondo del loro essere, vale a dire se ognuna delle due sente se stessa dal centro del proprio essere. Solo in questa "esperienza profonda" è la realtà umana, solo là è la vita, solo là è la base per l’amore.
L’amore, sentito così, è una sfida continua; non è un punto fermo, ma un insieme vivo, movimentato; anche se c’è armonia o conflitto, gioia o tristezza, è d’importanza secondaria dinnanzi alla realtà fondamentale che due persone sentono se stesse nell’essenza della loro esistenza, che sono un unico essere essendo un unico con se stesse, anziché sfuggire se stesse. C’è solo una prova che dimostri la presenza dell’amore: la profondità dei rapporti, e la vitalità e la forza in ognuno dei soggetti.[...]
L’amore maturo è una unione che mantiene intera la propria identità: il vero amore fa sì che due esseri diventino “uno” rimanendo “due”.
Spesso non è così. Infatti si creano situazioni di “simbiosi” (cioè in cui uno vive dell’altro) che ingenerano o situazioni di “dominio” o di “sudditanza”, in cui quello che appare “forte” ha bisogno del “debole” per darsi una identità e viceversa (in termine tecnico si indicano come simbiosi sadiche e masochiste).
Invece l’amore non vive dell’altro (cioè lo “succhio” per nutrimene) bensì vive per l’altro: si dona all’altro. In altre parole non è un’esperienza “passiva” ma un’esperienza “attiva”.
L’amore perciò si può definire come una attività interiore dell’uomo, cioè che “produce” e non è “prodotta”. L’amore è perciò libero e “realizza” la relazione. Questo la differenzia dalle passioni in cui la persona è “vittima” di una pressione esterna che la causa (“prodotta” appunto) che invece “consuma” la relazione.
Quindi l’amore maturo si può definire anche come: orientamento della persona verso il mondo dove l’uomo non “consuma” ma “realizza” dei rapporti.
Qual è lo strumento “produttivo” della persona? Il “dare”.
Purtroppo il “dare” è un concetto che è stato caricato di sfumature ambigue da cui è necessario liberarsi. Il dare non è “cedere” o “privarsi” o “sacrificarsi”. Queste sono visioni infantili e immature di chi non ha ancora raggiunto una certa armonia con la propria interiorità: ci si comporta ancora in maniera passiva nei confronti della realtà.
Invece dare è la più alta espressione di potenza e di libertà dell’uomo. Nello stesso atto del dare io provo la mia forza e il mio potere su me stesso e sulla realtà. E questa percezione di vitalità mi riempie di gioia. Quindi c’è veramente più gioia nel dare che nel ricevere non perché è una privazione o un sacrificio, ma perché in quell’atto mi sento vivo, sono me stesso. Infatti chi dà in realtà non dà cose ma se stesso. E anche nelle cose dà se stesso. Chi ama dà la propria gioia, il proprio interesse, il proprio umorismo, magari la propria tristezza, comunque manifestazioni di ciò che è vitale in lui.
Se l’amore si esprime così allora “produce” la relazione e genera reciprocità: “dare” significa fare anche dell’altra persona un essere che dà ed entrambi dividono la gioia di sentirsi vivi. Quindi l’amore maturo è una forza che produce amore.


Ma come si esprime il dare?
In quattro modi fondamentali:
premura, responsabilità, rispetto, conoscenza.


Sono virtù che fanno parte della personalità matura, cioè che ha superato i sogni narcisistici di onnipotenza ed ha acquistato l’umiltà dalla sua capacità di sentirsi vivo.
Premura
É l’interesse attivo per la vita e la crescita di ciò che amiamo. Una mamma che dice di amare il proprio pargolo ma si dimentica di dargli da mangiare ha un ben povero amore.
Responsabilità
É la risposta al bisogno espresso o inespresso di un altro: chi ama “risponde” perché la vita dell’altro lo riguarda.
Rispetto
La responsabilità da sola può sfociare in “dominio” ma chi ama rispetta. Non è timore ma vedere la persona come è (respicere = guardare) perciò desiderare che cresca e si sviluppi per ciò che è. Il rispetto però è possibile se io ho raggiunto l’indipendenza e l’autonomia, cioè se so stare in piedi da solo senza il bisogno di quella gruccia che è il dominare su o dipendere da qualcuno.
Conoscenza
Come posso rispettare ciò che non conosco? Molti sono i gradi della conoscenza ma l’amore non è mai superficiale. Oltrepassare il limite della superficialità è possibile solo se riesco ad “annullarmi” di fronte all’altro per non filtrarlo attraverso i miei schemi e pregiudizi per vederlo come veramente è. [...]

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